Lo sapevate che vacanza deriva dal nome di un’antica divinità Sabina? Lei si chiamava dea Vacuna ed era la protettrice dei campi, della natura con acque e boschi, era legata al culto della fertilità, una sorta di Grande Madre, ma nello stesso tempo era anche la patrona del riposo dopo i lavori della campagna. Da qui derivò il verbo latino vacare, essere libero da compiti, riposare, mancare al lavoro e da cui figurativamente deriva fare vacanza (vacatio dal latino).
La dea seguì il percorso di altre divinità, dopo i Sabini fu adorata dai romani ed in seguito venne assimilata ad altre dee: gli storici hanno opinioni diverse in merito. C’è chi l’assimilò alla dea Vittoria e chi a Minerva, Cerere e Bellona.
Nell’Italia centrale era assai amata, un grande santuario era stato a lei dedicato e veniva celebrata una festività in suo onore all’inizio dell’inverno e dell’estate. Ancora oggi alcuni paesi della provincia di Rieti ne riecheggiano il nome come Vacone, Bacugno, Bocchignano, Mansio ad Vacanas, ma soprattutto conservano riti millenari pagani rivisti in forma cristiana.
Tutte le estati il 5 agosto, proprio a Bacugno, si ripete la genuflessione del toro sul sagrato della chiesa. Un toro viene fatto inginocchiare per ben tre volte davanti alla Madonna in segno di rispetto e sottomissione. L’animale è agghindato per l’occasione, il che ricorda i sacrifici pagani romani in cui i tori venivano bardati e infiocchettati prima di essere sacrificati agli dei. Collegata a questa festa è anche l’invocazione alla fertilità e all’abbondanza con la preparazione di un grande covone formato da mazzetti di spighe di grano legati a mano, detto Mannocchio. Dopo avere preparato una croce, sempre fatta di spighe, gli abitanti lo trasportano a spalle sul sagrato della Chiesa di Santa Maria delle Neve il giorno di festa.
Anche sul lago di Garda sono rimasti molti toponimi legati a divinità, di cui una è proprio la dea romana Minerva, identificabile ad una divinità indigena, forse anche legata alla dea Vacuna. Pensiamo solo a Manerba, che quasi certamente deriva dal culto di Minerva, dea della guerra, della saggezza, dell’intelligenza e protettrice degli artigiani. A lei era quasi sicuramente dedicato il tempietto che sorgeva sul bordo meridionale della Rocca, sul quale fu successivamente costruito il castello, di cui rimangono solo rovine. Fu infatti rinvenuta un’iscrizione a lei dedicata, che purtroppo ora conosciamo solo tramite un antico codice.
Minerva apparteneva alla triade capitolina con Giove e Giunone e a Brescia il tempio del Capitolium è a loro dedicato. Minerva era identificata con la dea greca Atena, dea guerriera e ingegnosa, protettrice di filatrici, tessitori e ricamatrici. La sua ingegnosità era applicata alle arti della pace e le si riconosce l’invenzione dell’olio d’oliva; l’olivo è pertanto la sua pianta.
Possiamo spingerci ancora più indietro nel tempo seguendo una lapide che è stata ritrovata nella Chiesa di Malcesine ed ora è conservata al Museo Maffeiano di Verona dedicata alla Dea Iside. E allora scopriamo che un tempio era a lei dedicato e che molto probabilmente stava proprio dove fu costruita la Chiesa di S. Stefano Protomartire a Malcesine. Al tempo dei romani un certo Menazio, figlio di G. della tribù Flavia restaurò questo tempio e costruì il pronao per adempiere ad un suo voto, come scritto sulla lapide.
Ma chi era Iside? Iside era la grande Dea Madre egiziana, dea della maternità, della fertilità, della magia e dell’ultraterreno. Ma in realtà era molto più di questo. Fu una delle dee più famose di tutto il Mar Mediterraneo, protettrice anche dei naviganti, sposa e madre. Il suo culto si diffuse anche a Roma e in tutto l’Impero, diventando un culto misterico con processioni e feste in suo onore. Anticamente era la natura e Osiride, il suo sposo, era la luna, ma in seguito divenne la luna ella stessa in quanto sorella, madre e sposa del dio della luna.
Ora conosciamo molto poco dei riti misterici, in quanto affondano la loro origine in iniziazioni primitive, ma private, rivolte solo agli iniziati. Erano però legati ai cicli della natura, al nascere, morire e rivivere della natura e nello stesso tempo ai cicli degli individui. Queste divinità della terra ci trasbordano verso una trasfigurazione simbolica delle pratiche agrarie, a far rinascere la vegetazione dopo la stagione invernale.
Nel mondo greco Iside viene associata ad una vacca sacra raffigurata con le corna. Lo stesso simbolo che troviamo spesso rappresentato ai piedi nelle statue della Madonna, come punte di luna crescente (tipiche del mondo islamico), che sembrano corna. Benché questa rappresentazione pare derivi dall’Apocalisse, sicuramente la Madonna discende dalle Grandi Madre del Neolitico e fa parte del sincretismo religioso, che si attua proprio in età romana, quando l’Impero era ciò che oggi potremmo definire multietnico. Proprio grazie alla sua pluralità potè assorbire e integrare dei, miti e simboli di popolazioni diverse che furono poi traghettati nel Cristianesimo. Come Madre è correlata alla luna nella prima delle sue tre fasi: crescente, piena e calante, che sono le tre età della donna. La Madonna è la Vergine Madre con una falce di luna crescente.
Ancora una volta ci si riporta alla natura e ai suoi cicli, alla donna assimilata alla fertile terra che ci ospita, alla circolarità delle vicende umane, segno tangibile e potente di come i nostri antenati abbiamo vissuto questo legame intriso di simboli che si intersecano tra loro e si intrecciano con la nostra vita e le nostre emozioni. Natura, ritualità, luoghi, parole. Se ci lasciamo trasportare dal suono delle parole, dalla toponomastica e dai luoghi spesso ritroviamo quel fil rouge che ci lega indissolubilmente al nostro passato che stiamo dimenticando in fretta, soprattutto nell’ultimo secolo, da quando la terra è stata abbandonata per ricercare il mito del progresso e noi abbiamo perso la connessione con la terra e la natura.