Klimt, uno dei pittori più amati dei nostri tempi, che continua ad affascinarci con le sue opere, venne sul lago di Garda durante l’estate del 1913. Il 1913 fu un anno relativamente ancora tranquillo, anche se i Balcani erano in subbuglio e le nubi nere cominciavano ad aleggiare sull’Europa anche se la guerra scoppierà l’anno successivo e l’Italia si unirà nel 1915.
In quel periodo la produzione di Klimt registra un cambiamento, forse si può dire che sia un po’ più cupa. Impossibile non calare la produzione di ogni artista nel proprio tempo e nelle proprie esperienze: proprio agli inizi del ‘900 gli vengono rifiutati dei dipinti allegorici per l’università di Vienna e questo lo segna moltissimo. Non aveva dato l’interpretazione canonica che ci si era aspettata.
Nel 1913 Klimt non è più nel periodo dorato dei fregi del palazzo viennese della Sécession, benchè essi rimangono ben vivi dentro di noi e rappresentano un’assoluta imperdibile visita. Il tempo del motto inciso sulla facciata «A ogni epoca la sua arte, all’arte la sua libertà» è ormai finito. Ormai lontana la creazione del movimento secessionista nato nel 1897 con altri artisti, Klimt da quel momento si dedicherà più a dipingere ritratti di signore dell’alta classe viennese, soprattutto appartenenti a ricche famiglie ebree. Nello stesso tempo si dedica a vedute di paesaggi e giardini lasciando l’art nouveau.
A partire dal primi del ‘900 Klimt con la sua famiglia usava recarsi sull’Attersee per trascorrervi lunghi soggiorni estivi, dove si dedicava a dipingere vedute e paesaggi. Contrariamente alle sue abitudine, nel 1913 decise di venire sul lago di Garda con la madre e le sorelle per rimanervi da luglio a settembre. Inizialmente si pensava che avesse soggiornato a Tremosine presso l’Albergo Morandi, dove ancora si conserva una targa a ricordo, ma in realtà, in base alla pubblicazione di Paolo Boccafoglio* avvenuta negli ultimi anni, si è scoperto che soggiornò a Malcesine in una casa di campagna a sud del paese. La scoperta è legata ad una lettera scritta da una sorella di Klimt al figlio Hermann e ad altre testimonianze. Fu l’unica vacanza che il pittore trascorse all’estero e scelse proprio il lago di Garda.
La produzione che lo caratterizza durante il suo soggiorno in Italia è legata al paesaggio, che non è mai realistico anche se corrispondente al vero, ma in realtà è solo un paesaggio dell’animo. In genere Klimt amava eseguire queste opere all’aria aperta, spesso con l’aiuto di un binocolo, per poi finirle nel suo studio. Erano di dimensione quadrata, raffinate e statiche e rappresentavano un momento di osservazione della natura, disgiunto da ogni ideologia.
Durante il suo soggiorno dipinse tre quadri:
- Malcesine am Gardasee, il quadro misterioso
- Kirche in Cassone ora in una collezione privata di Graz
- Italienische Gartenlandschaft ora esposto nella Kunsthau in Svizzera a Zug
Al primo quadro, il più ammirato e conosciuto, di cui sono rimaste delle fotografie, è legato un fitto mistero. Secondo la storiografia, Malcesine am Gardasee e Kirche in Cassone furono acquistati da un amico di Klimt, Victor, un componente della famiglia Zuckerkandl. Victor era un imprenditore di successo, diresse uno dei più importanti complessi industriali ed apparteneva ad una ricca famiglia ebrea viennese che per anni aveva dominato e animato la scena degli ambienti culturali della città. Aveva un grande interesse per l’arte e anche le disponibilità per permettersi una splendida collezione. Victor conservò i dipinti di Klimt fino alla sua morte, avvenuta nel 1927.
Poi, dopo varie vicende, il quadro entrò nella collezione Lederer, considerata la più grande collezione dei quadri di Klimt. Il proprietario, un grande industriale, aveva sposato un’ebrea e Klimt era un assiduo frequentatore della casa. Non entro nei dettagli dei passaggi di mano del quadro che sono assai complessi. Basti dire che le tracce del quadro scompaiono poco dopo l’Anschluss al Reich nazista. Tutti purtroppo sappiamo cosa successe agli ebrei in quel periodo oltre al fatto che tutti i loro beni furono confiscati e le loro case depredate.
Fino alla pubblicazione del libro è sempre stato sostenuto che il primo quadro fosse andato distrutto nel famigerato incendio dell’8 maggio 1945 nel castello di Immendorf, dove le SS avevano deciso di dormire per l’ultima notte, dandogli poi fuoco per distruggere tutte le opere d’arte della raccolta Lederer, dove erano finiti anche molti Klimt dei Zuckerkandl. Ora, l’autore del libro sopracitato, avanza l’ipotesi che il quadro sia stato sottratto e che probabilmente sia ancora in circolazione. Nell’elenco dei quadri non risulta infatti il quadro di Malcesine, che aveva però suscitato grande interesse da parte del governatore nazista di Vienna von Scirach. L’autore si chiede se per caso il dipinto non sia stato sottratto e tuttora sia nascosto per non dovere essere restituito agli eredi dei legittimi proprietari.
Tanto è stato scritto sul quadro di Malcesine. Al di là della strana vicenda sulla sua storia ed esistenza ciò che mi colpisce nella riproduzione è l’assoluta immobilità, la voluta eliminazione della prospettiva, il fatto che il cielo siano stato quasi eliminato ed il lago sia stato ridotto, proprio in un luogo in cui l’acqua e il cielo dominano incontrastati e il paesaggio del quadro diventa veramente una descrizione dell’animo.
È curioso anche il fatto che si è scoperto che i primi due quadri siano stati dipinti grazie all’aiuto di un cannocchiale che aveva disposto nei pressi di Villa Gruber, ora Hotel Bellevue San Lorenzo nella deliziosa penisola della Val di Sogno a Malcesine, dalla quale si gode di questa magnifica vista. Il terzo quadro Klimt l’ottiene con un’inquadratura attraverso il mirino della sponda occidentale sempre dalla stessa posizione. Si è potuti arrivare a questo conclusione sulla base di pochissimi indizi, quali il lago che si scorge in alto sulla sinistra e i fianchi scoscesi della montagna.
Il cannocchiale permette quasi di eliminare la prospettiva schiacciando e appiattendo, nello stesso tempo c’è anche un distaccamento dal soggetto che voleva rappresentare, tecnica che in ogni caso non era il solo ad utilizzare all’epoca.
A noi rimane la testimonianza di un’artista e della sua parabola di uomo in un’epoca difficile e tormentata (Klimt morirà nel 1918), che purtroppo sfocerà più tardi in quell’immane carneficina della seconda guerra e della folle impresa contro l’umanità tutta.
- * Gustav Klimt e Malcesine. La famiglia Zuckerkandl e il mistero di un quadro scomparso (Italiano) di Paolo Boccafoglio – 31 agosto 2013- Il Sommolago